DIARIO DI BORDO - Giorno 40

Опубликовано: 18 Апрель 2020
на канале: Doro Gjat & Carnicats
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Quello che dice il titolo, niente di più, niente di meno. Pensieri, riflessioni, suoni e immagini per dare a questo momento epocale che stiamo vivendo, un motivo in più per essere ricordato.

Le parole sono di Doro Gjat (IG: @dorogjat)
I suoni sono di Jamie Fields (IG: @iwantallthemcnuggets)
I video me li hanno mandati @brokenaxe87 @patrik1980 @_jegia_ @leonardo_mussig @giuliadele_bettinelli @lara_s_22 @inseminatoredidiscordia @strappamilagioia

Qui non cambia niente, almeno cambiasse il tempo. Invece no: il contagio dà solo piccoli cenni di rallentamento, l’aria è piena di polvere e il cielo è blu a perdita d’occhio, neanche una nube in cielo, come nei disegni dei bimbi, quelli con il sole che sorride. Qui non cambia niente, almeno cambiasse il tempo. Se ci penso però mi rendo conto che in realtà è cambiato fin troppo. Le nostre esistenze hanno deviato su una strada che mai ci saremmo aspettati. Il vecchio mondo ha fatto i bagagli ed è scomparso oltre l’orizzonte, lasciandoci in balia del nuovo, come a scuola quando la professoressa anziana andava in pensione e lasciava la cattedra alla nuova, rampante studentessa al suo primo anno di insegnamento. E per la mia generazione questo nuovo mondo che ci aspetta è spaventoso, oscuro, incerto. Non è abituata ai cambiamenti, la mia generazione. Siamo nati nel pieno del boom economico, siamo cresciuti nel benessere degli anni 90, e siamo maturati in un clima di difficoltà quasi apparente, quella del primo decennio dei duemila, che impallidisce se paragonato alla situazione odierna. Quello che abbiamo avuto è stato grande, meraviglioso, è stato qualcosa che i nostri nonni, alla nostra età, non avrebbero avuto nemmeno il coraggio di sognare. Ma quello che non abbiamo avuto è stato forse ancora più determinante. Nel clima di pace e benessere nel quale siamo cresciuti è mancato il cambiamento epocale, il grande avvenimento, quello che identifica le generazioni, quello che dà a chi vi assiste un motivo per il quale lottare. Quello che è sempre mancato alla mia generazione, è un valido motivo per lamentarsi, diciamocelo. I nostri nonni hanno avuto la guerra e la miseria, i nostri genitori le grandi lotte sociali degli anni 60 e 70... E noi? Noi cosa abbiamo avuto? Il mondiale del 2006, po-po-popo-popo? Questa catastrofe alla quale stiamo assistendo potrebbe dare finalmente un obiettivo vero, reale, concreto a tutti noi: quello della ricostruzione, quello del nuovo inizio, quello dell’adattamento alla novità. Servono risorse, servono intelletti, servono idee, adesso più che mai. Aspettarsi che torni quello che avevamo è da folli. Pensare a come crearci qualcosa di nuovo, qualcosa di nostro, è da pionieri, è da visionari. Dobbiamo essere la fenice che risorge dalle sue ceneri, dobbiamo essere l’idea geniale che renderà il mondo migliore, dobbiamo essere la voce che solleva gli animi. Non è vero che non cambia niente, è vero solo che non cambia il tempo, dannazione a lui. E’ cambiato fin troppo, adesso a cambiare dobbiamo essere noi.

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