Bologna (askanews) - La fabbrica, la bellezza racchiusa nella forma dell'oggetto, la fatica spesa per produrlo; ma anche lo spaesamento suscitato dalla vastità di una nave in cantiere, ampia come una cattedrale, o l'allegria riflessa di una intera orchestra, in posa, aggrappata alla struttura di sostegno di un megaschermo: sono alcuni gli elementi di un fantasmagorico racconto per immagini che si sviluppa lungo le 14 mostre che danno vita a Foto/Industria, la Biennale bolognese di fotografia dedicata al mondo del lavoro. La rassegna - promossa dalla Fondazione Mast, e dalla sua presidente Isabella Seragnoli - si poggia nelle intenzioni del curatore Francois Hébel su tre pilastri, che sono anche le tre principali chiavi di lettura della rassegna.
"Uno è estetico, il piacere di godere di fotografie interessanti di grandissimi fotografi; il secondo ha a che fare con l'educazione per capire tutto quello che si può fare con le foto, che è molto più ampio di quello che la gente pensa si possa fare con le fotografie. La terza è politica, perché il lavoro ha a che fare con la vita, con il nostro quotidiano. E la traduzione del lavoro e della traduzione nei diversi punti di vista, è una prospettiva politica. La tensione tra foto fatte per le aziende o su le aziende; per un gruppo di lavoro o su un gruppo di lavoro da due sguardi sempre in tensione che è poi il racconto della vita".
Da fotografi famosi come David LaChapelle o Gianni Berengo Gardin, a artisti che han segnato la storia della fotografia come Leon Gimpél, a Kathy Ryan che ha cominciato a fotografa con l'iphone spinta dalla bellezza del suo luogo di lavoro, il New York Time Building di Renzo Piano: la rassegna si espande in due gallerie al Mast e in altri 11 allestimenti - tutti ad accesso gratuito - in altrettanti luoghi che svelano dal punto di vista storico, architettonico e culturale la ricchezza della città. Aperta fino al 1 novembre, Foto/Industria è un'ottima opportunità per ri-scoprire Bologna.